mercoledì 21 settembre 2016

L'agricoltura sociale


foto di M. Ciccarese
Quando si parla di agricoltura sociale, ci si riferisce a una possibilità produttiva che non è solo retaggio di una precisa scelta etica ma è anche attenzione verso gli equilibri naturali che interessano ogni genere di collettività.

La vivacità dell’agricoltura sociale si espande e si orienta verso le aziende biologiche, verso i gruppi d’acquisto e il turismo solidale per creare una salda rete attiva contro l’omologazione dei consumi e le strutture che limitano le libertà delle civiltà rurali.

Con tali termini, i saperi e i sapori tipici, con il loro “chilometro zero”, la biodiversità e quindi la riproduzione di valori sussidiari come solidarietà, rispetto dei luoghi, del patrimonio artistico o architettonico prendono aspetto con il sostegno reciproco.

Nell’agricoltura sociale ritrovi il termine di mutualismo tra produttori e consumatori e il termine simbiosi riacquista la sua originale purezza. L’utenza della rete di fattorie sociali si amplifica e dimostra come un territorio può convivere con la produzione agricola e con ogni tipo di servizio.

Questo tipo di agricoltura cura le piaghe delle crisi di valori e di quelle molteplicità in via di estinzione che le banche dei semi rivendicano. Questo esempio diventa perciò “cura per gli altri” e ogni forma di semina un evento che unisce la ricerca e il ripristino di antiche varietà con il sano proposito di raccogliere naturalità dalle nostre produzioni.

L’agricoltura sociale che si occupa di vulnerabilità dei territori o di debolezze dell’essere urbano è certamente quella che si riassume nel fondamento dei valori e dei principi della Carta costituzionale che evidenzia il contenuto dell’art 3 che impone alla Repubblica di rimuovere i freni di ordine economico e sociale che ostacolano il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Simile modello produttivo è rafforzato con quello dell’art. 44 che rivolge l’intervento pubblico nel settore agricolo verso la cura della qualità del territorio e al perseguimento dell’equità sociale.

Con tale scelta si offre, quindi, una valida opportunità per recuperare il concorso tra le imprese agricole, tra gli esperti del settore del bio, tra le amministrazioni, le strutture di accoglienza turistica o i parchi naturali. Con tale cooperazione, inoltre, legami si saldano e aumentano il valore di fiducia, aiutano la cultura e la civiltà rurale a migliorare ciò che si riassume, in poche parole, come “qualità della vita”.

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