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sabato 14 ottobre 2017

I giorni della melagrana

foto di M. Ciccarese


Sono almeno 600 i chicchi stivati tra le saccocce polpose di una melagrana, un numero di semi elevatissimo per un frutto molto apprezzato.

Una generosità, quella del melograno, come quella degli antichi egizi e dei popoli del Caucaso che ne diffusero la coltivazione nel resto del Mediterraneo; gli antichi romani ai tempi della conquista dell’Asia minore ne fecero della città fenicia di Side un centro di riferimento e di lavorazione. Granada capitale andalusa, addirittura, adottò la melagrana nel suo stemma, tanti pittori medievali tra cui Botticelli la immortalarono con le loro opere, molte furono raffigurate nell’araldica, altre effigiate sulle monete. 

Un bastimento carico di simbologie naviga intorno allo splendore dei loro grani, significati e metafore di antichi miti e religioni legate alla produttività, alla fertilità, alla ricchezza e alla concordia.

Prunica Granatum, nome botanico del melograno, è oggi riconosciuto nel Sud Europa come pianta dalle benefiche virtù. Contenute in ogni organo, sostanze tanniche e vitaminiche capaci di risollevare la nostra salute. La bacca carnosa e coriacea, detta balaustia raccoglie all’interno una moltitudine di semi perlati e rossastri a maturazione, in piccole compartimentazioni dal sapore acidulo dette arilli; le differenti morfologie, definiscono anche le molteplici varietà coltivate.

Melagrani a chicco grande o dal colore intenso, vivace o succoso, dal gusto agrodolce predisposto al sorbetto o dolce per il consumo fresco. Spicca tra esse la Selinunte, la Dente di cavallo, la Neirana e la Profeta. Quest’ultima è quella più diffusa nel Salento, un tempo si adagiava tra i giardini gentilizi quasi come se fosse pianta ornamentale oggi si rivaluta seriamente prodotto per l’industria alimentare e della fitocosmesi.
da Salentoinlinea del 25 settembre 2013

mercoledì 1 marzo 2017

Il fiore del mare

foto di M. Ciccarese
Il nome della pianta del rosmarino giunge dalle parole latine ros e marinus, ossia rugiada del mare. Un bell’arbusto dal titolo romantico che colora i pendii costieri del mediterraneo con la sua antesi. Un’officinale riconosciuta fin dai tempi più perduti come essenza e aroma dalle innumerevoli virtù terapeutiche; un'altra pianta mediterranea che assieme al mirto glorifica i poeti e disseta le api.

La campanula del suo calice raccoglie le piccole corolle che somigliano a un labbro rendendo il titolo alla famiglia cui ne fa parte (ex labiate). Tra i suoi petali gli stami sono ben fermi sui sottili filamenti che si distendono al primo sole di marzo e si radunano in grappoli all’ascella delle foglie come spighe.

Ci sono molti racconti che legano i boccioli di questa pianta alla cura dell’uomo; riti, miti e credenze popolari associate all’immortalità e al benessere tanto da persuadere gli antichi a coltivarlo accanto agli usci delle case assieme a mirto alloro come messaggero d’amore, buon auspicio e fedeltà.