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foto di M. Ciccarese |
“Siamo proprio come le canne al vento,donna Ester mia. Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento.”
Da “Canne al vento” di Grazia Deledda
Un proverbio dell’alto Salento ribadisce: “ci uei fumi tuttu l’annu pippa te crita e cannuccia ti canna”.
Da “Canne al vento” di Grazia Deledda
Un proverbio dell’alto Salento ribadisce: “ci uei fumi tuttu l’annu pippa te crita e cannuccia ti canna”.
Nel ventoso territorio salentino le canne non mancano mai. Le ritrovi diffuse in ogni luogo. Con le canne si costruivano i primitivi cannizzi per stendere i frutti da essiccare, per fare ombra, per proteggersi durante la falciatura del grano, per la fabbricazione di cofane e panari.
Con quelle più lunghe ed elastiche, i cosidetti masculini, si poteva andare a pesca o utilizzarle come supporto ai pennelli per tinteggiare i muri. Con quelle più tozze si costruivano le matassareddhre, per incanalare i legnetti del telaio sul tessuto, per fare pasta e dolci per Natale.
Probabilmente, non ci sono altre piante che hanno avuto così tanti utilizzi come la canna domestica
Certamente era ampiamente utilizzata dagli antichi messapici, dopo gli egizi, che pare utilizzassero i suoi culmi come unità di misura (2,50 cm), oltre che per scrivere e disegnare. Quando si era pargoli, le si preferivano per modellare la struttura degli acquiloni (prumete), per costruire fucili ad molla, cerbottane a fiocchetto, fischietti, girandole, trottole (curruli) ed archi.
Immagino che buon uso ne avrebbero fatto a Cannole, un paese vicino ad Otranto, che la cittadinanza la volle presente nel suo stemma municipale. Queste piante sarebbero state utili a quei residenti per concedere rifugio durante l’invasione ottomana e normanna.
Il nome generico deriva dal latino arundo, bastone, freccia, quello della specie dal greco donax. La pianta rispetto alle altre ha un alto coefficiente fotosintetico che le conferiscono un alto pregio ecologico
I culmi, possono superare, in condizioni ideali, i cinque metri in altezza e toccare un diametro di tre centimetri. Le canne hanno molto bisogno di acqua per allungarsi, anche fino a 5 cm giornalieri, durante la buona stagione. Sarebbero ottime se assunte come robuste siepi frangivento.
Le foglie lanceolate rastremate in punta presentano un ciuffo peloso alla base. I semi sono raramente fertili, la loro riproduzione avviene attraverso rizomi sotterranei tipicamente legnosi e nodosi che penetrano fino ad spannare anche un metro di profondità insinuandosi tra gli interstizi del terreno e diffondersi come una colonia di radichette tra gli strati superficiali più compatti e paludosi.
La consistenza che costituisce il culmo è eccellente non solo per realizzare ance per flauti, clarinetti e cornamuse; è fonte di cellulosa per l’industria cartiera e grande serbatoio di stoccaggio di carbonio nel suolo agrario, fino a venti volte in più di una coltura annuale.
Uno degli aspetti importanti delle canne è la loro capacità di bonificare e decontaminare gli ambienti molto inquinati da metalli pesanti o reflui organici urbani e zootecnici. È una pianta fitodepuratrice, quindi, che iperaccumula tratti di terreni senza peraltro dimostrare alcuna sofferenza.
L’infiorescenza della canna è una pannocchia fusiforme lunga circa 40-50 cm, che la sua fugacità viene mitizzata dai salentini con uno stornello: “Fiorin di canna, nu critere alla tonna ca lusinga, prima tice t’amu e poi te inganna, fiorin di tutti i fiori fiorin di canna”.
Con quelle più lunghe ed elastiche, i cosidetti masculini, si poteva andare a pesca o utilizzarle come supporto ai pennelli per tinteggiare i muri. Con quelle più tozze si costruivano le matassareddhre, per incanalare i legnetti del telaio sul tessuto, per fare pasta e dolci per Natale.
Probabilmente, non ci sono altre piante che hanno avuto così tanti utilizzi come la canna domestica
Certamente era ampiamente utilizzata dagli antichi messapici, dopo gli egizi, che pare utilizzassero i suoi culmi come unità di misura (2,50 cm), oltre che per scrivere e disegnare. Quando si era pargoli, le si preferivano per modellare la struttura degli acquiloni (prumete), per costruire fucili ad molla, cerbottane a fiocchetto, fischietti, girandole, trottole (curruli) ed archi.
Immagino che buon uso ne avrebbero fatto a Cannole, un paese vicino ad Otranto, che la cittadinanza la volle presente nel suo stemma municipale. Queste piante sarebbero state utili a quei residenti per concedere rifugio durante l’invasione ottomana e normanna.
Il nome generico deriva dal latino arundo, bastone, freccia, quello della specie dal greco donax. La pianta rispetto alle altre ha un alto coefficiente fotosintetico che le conferiscono un alto pregio ecologico
I culmi, possono superare, in condizioni ideali, i cinque metri in altezza e toccare un diametro di tre centimetri. Le canne hanno molto bisogno di acqua per allungarsi, anche fino a 5 cm giornalieri, durante la buona stagione. Sarebbero ottime se assunte come robuste siepi frangivento.
Le foglie lanceolate rastremate in punta presentano un ciuffo peloso alla base. I semi sono raramente fertili, la loro riproduzione avviene attraverso rizomi sotterranei tipicamente legnosi e nodosi che penetrano fino ad spannare anche un metro di profondità insinuandosi tra gli interstizi del terreno e diffondersi come una colonia di radichette tra gli strati superficiali più compatti e paludosi.
La consistenza che costituisce il culmo è eccellente non solo per realizzare ance per flauti, clarinetti e cornamuse; è fonte di cellulosa per l’industria cartiera e grande serbatoio di stoccaggio di carbonio nel suolo agrario, fino a venti volte in più di una coltura annuale.
Uno degli aspetti importanti delle canne è la loro capacità di bonificare e decontaminare gli ambienti molto inquinati da metalli pesanti o reflui organici urbani e zootecnici. È una pianta fitodepuratrice, quindi, che iperaccumula tratti di terreni senza peraltro dimostrare alcuna sofferenza.
L’infiorescenza della canna è una pannocchia fusiforme lunga circa 40-50 cm, che la sua fugacità viene mitizzata dai salentini con uno stornello: “Fiorin di canna, nu critere alla tonna ca lusinga, prima tice t’amu e poi te inganna, fiorin di tutti i fiori fiorin di canna”.