Ci sono piccoli archi intorno all’edificio di un buon calice
di vino; se dalle sue pareti scorrono lacrime d’alcool, gli aromi sorridono
vivacemente. Quando si ruotano i calici,
gli spazi tra le volte si rivelano in controluce e si fondono con il calore della
loro genesi.
Quella delicata pellicola intorno ad un sorso di Primitivo scende rapida nella sua coppa e scioglie il volo dei flavoni in un divertente gioco di forze e di molecole; è un serio effetto fisico che trae dalla densità e dalla gravità lo scorrimento di una possibile struttura eterea verso l’alveo del bicchiere.
Quanto più fitta e rapida è la discesa delle sue lacrime tanto più alto è il contenuto in alcool etilico.
Un fiotto di lacrime, dunque, regolari o disordinate, ravvicinate
o distanti, più o meno numerose, restituiscono importanti informazioni sul
carattere di un vino, si aggiunge alla sensibilità tecnica di un buon
degustatore.
L’esame visivo degli archetti è senza dubbio un morbido
appeal d’inizio cena per un’avance cosciente e razionale verso la cultura del vino.