Lu pasticciottu leccese: unu pe tutti, nu tutti pe unu”
Il pasticciotto salentino è dolce come la sua terra di produzione. Nel Salento questo dolce dal nome paffuto, lo trovi ovunque, senti il profumo della sua pasta frolla cotta tra le vie del barocco di Lecce affollate di forni e non puoi fare a meno di fermarti un istante ed assaggiarlo.
Un origine che risale forse ai principi del Settecento, figlio del barocco, dal tempo del Regno delle Due Sicilie di Carlo III che già qualcuno descriveva come una piccola barchetta bombata e ripiena di crema pasticcera, lucida e ambrata d’albume d’uovo in grado di spingersi fino alle 400 chilocalorie.
Il pasticciotto si consuma con serafica calma, quando è più o meno caldo, poco dopo l’alba, possibilmente nel centro storico di Lecce, prima che si rianimi , quando ancora il silenzio amplifica la sua percezione.
Ne esistono varianti quasi “pirotecniche”, da quella con insaccato di crema mista e confettura per i più giovani a quella al cioccolato per gli Stati Uniti, da quella secca e nostalgica del fruttone alla marmellata nera d’uva Malvasia a quella con scaglie di fichi secchi, mandorle tostate e di canditi d’arancia.
Con questo tipo di colazione i leccesi ribadiscono il loro forte legame con la tradizione e lo portano orgogliosamente fuori dalle loro stive in ogni angolo del mondo, ne fanno un vera e propria icona con il simpatico motto che lo accompagna.
Questo capolavoro di dolce è presente nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali proclamato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173).
Il pasticciotto salentino è dolce come la sua terra di produzione. Nel Salento questo dolce dal nome paffuto, lo trovi ovunque, senti il profumo della sua pasta frolla cotta tra le vie del barocco di Lecce affollate di forni e non puoi fare a meno di fermarti un istante ed assaggiarlo.
Un origine che risale forse ai principi del Settecento, figlio del barocco, dal tempo del Regno delle Due Sicilie di Carlo III che già qualcuno descriveva come una piccola barchetta bombata e ripiena di crema pasticcera, lucida e ambrata d’albume d’uovo in grado di spingersi fino alle 400 chilocalorie.
Il pasticciotto si consuma con serafica calma, quando è più o meno caldo, poco dopo l’alba, possibilmente nel centro storico di Lecce, prima che si rianimi , quando ancora il silenzio amplifica la sua percezione.
Ne esistono varianti quasi “pirotecniche”, da quella con insaccato di crema mista e confettura per i più giovani a quella al cioccolato per gli Stati Uniti, da quella secca e nostalgica del fruttone alla marmellata nera d’uva Malvasia a quella con scaglie di fichi secchi, mandorle tostate e di canditi d’arancia.
Con questo tipo di colazione i leccesi ribadiscono il loro forte legame con la tradizione e lo portano orgogliosamente fuori dalle loro stive in ogni angolo del mondo, ne fanno un vera e propria icona con il simpatico motto che lo accompagna.
Questo capolavoro di dolce è presente nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali proclamato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173).
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