giovedì 26 maggio 2016

Quel ronzio silenzioso delle api

ph di Mimmo Ciccarese
Senza fiori e polline le api non saprebbero come fare. Il nettare dei fiori che le bottinatrici raccolgono è fonte di sussistenza per questa specie.

Le api hanno una sorta di tasca che può contenere fino a poco più di una stilla di nettare e l’autonomia di visitare centinaia di fiori in pochi minuti. Quando ritornano ai favi, le anziane api, spostano il prezioso bottino alle giovani operaie per trasferirsi la grezza ambrosia, di bocca in bocca, per farla diventare miele.

Ogni ape, goccia dopo goccia, depone il suo miele, fino a saturare ogni cella disponibile, mentre le altre operaie accanto vorticano le elitre per raffreddarlo e farne evaporare il surplus di acqua perché esso diventi più denso.

Nella produzione del miele, c’è un’intima relazione con la fioritura, un lento trasloco che parte da una serie di metamorfosi e risvegli che solo un attenta osservazione può cogliere.

Il sole che attiva la fotosintesi clorofiliana è all'origine di tale fabbrica; un viavai di linfa, un po’di primavera, una felice apertura di vivaci corolle e tutto scorre come natura richiede.

Il nettare, si definisce in botanica, come un liquido zuccherino che il fiore crea ed emette per attirare gli animali impollinatori, come lo sono le api.

Ogni tipo d’insetto, dunque, potrebbe essere attratto dal nettare. La bottinatura è un lavoro molto rischioso, per ogni tipo di ape, che deve, quindi, servirsi di leste ali per lavorare, per sfuggire ad un predatore o per ripararsi tra le foglie.

Le api hanno delicati mezzi per andare lontano, per passare al calice successivo, per rimodulare le antenne, per ritrovare le coordinate di partenza e ritornare senza problemi al calore della loro umile dimora.

Proviamo a immaginare, adesso, il volo di ritorno di un’ape, appesantita dal suo pieno, da campo a campo, da città in città, tra polveri e molecole o mentre si concede una piccola sosta, per assetarsi da un rivolo di rugiada e adagiare il suo fragile addome su un fresco filo d’erba. Proviamo ad essere una piccola ape per un attimo per raccontare agli altri la biodiversità vissuta.

Pensiamo alla loro vitalità, al loro rapido adattamento, alla loro capacità di sopportazione e prendiamo esempio così come ci ripetevano durante le ore di scienza i migliori insegnanti.

Tutto il popolo delle api, meriterebbe un premio, per la generosità, la diligenza e l’assiduità al lavoro, per quell'umile ronzio “silenzioso” che ancora possiamo sentirci attorno e che ci aiuta ad riequilibrare il peso di un microcosmo ormai in sgradevole crisi.






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