venerdì 27 maggio 2016

Il cardo mariano

ph di Mimmo Ciccarese
Dall’aspetto non si può dire sia un fiore gentile quello che ritroviamo sotto le torri d’avvistamento accanto al mare, tra i lembi rocciosi, tra i ruderi, lungo le mulattiere, dove ama insinuare le sue radici. Il Cardo mariano, Silybum marianum, è un fiore aspro tutt’altro che cortese al tatto; per alcuni tratti, in fondo, potrebbe apparire molto elegante, come mi fa notare un’amica che li riconosce.

In effetti, l’astro solare dei suoi petali che impone il nome alla sua famiglia non sembra poi tanto ispido e austero, anzi, sembrerebbe più che apprezzato, almeno così cinguettano i loro affezionati amici, uccelli cardellini, che dei loro semi sono ghiotti.

Il fascino che desta l’interesse della pianta risiede proprio tra i suoi acheni, formazioni fruttifere setolose, ricche di flavoni utili per le loro proprietà epurative e lassative.

È nei giorni di San Giovanni che l’estratto del cardo dovrebbe essere più intenso e quando secondo alcuni, i suoi petali posti nell’acqua si ravvivano sotto il bagliore delle loro stelle significa che la passione per la persona amata si rafforza.

Per le antiche leggende, pare che se portati in un sacchetto di iuta o appesi al collo, avrebbero il potere di difendere i viaggiatori dagli spiriti maligni e dalle dentate dei serpenti velenosi.

Sarebbe stato perciò un manto di petali di cardo latteo maculati, quelli che avrebbero nascosto le tracce della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto per disorientare i segugi dei soldati romani.

Se per la tradizione cristiana il cardo rappresenta la sofferenza per i pugliesi, sarebbe all’opposto la forza che nutre, guarisce e ricaccia il dolore

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