lunedì 25 luglio 2016

Il Mustazzolo


Al seguito del gonfalone e della banda, gli unici motocarri autorizzati ad esporre, nel bel mezzo della festa di paese, reclinano le sponde e aprono ai viandanti la sospirata offerta dei mustazzoli.

Il mustazzolo ha il colore della terra e l’odore del Mediteraneo; è una dolce meteora che rifulge, sotto archi di luminarie colorate, la sua glassa di zucchero e cacao.

Un cuore di biscotto da sgretolare con la robustezza di una grappa al negro amaro, con l’agrodolce di un vin cotto o con la morbidezza di uno sciroppata di carrube.

Quando distacchi il mustazzolo dalla sua farcitura ne strappi sempre un piccolo corpo dell’altro vicino; poi, a morsi, gli arrotondi la sua farcitura, ne ridefinisci la sagoma e cerchi di scoprirne al palato la sua esclusiva esplosione di essenze.

Sono pizzichi di spezie, a seconda della sua versione, dall’anice alla cannella, dal decotto di fichi al miele o al mosto d’uva agli agrumi, da una manciata di granella di mandorle a quella di nocciole.

La sua ricetta, decisamente “barocca”, si trasmette da secoli, forse dal 1500, nel Regno delle due Sicilie, e si identifica con nomi diversi a seconda della sua origine.

Pare che il nome fosse una deriva dal mustaceum, una sorta di focaccia nuziale cotta proprio con gli aromi delle foglie d’alloro e offerta agli ospiti prima di una partenza.

La sua genesi, giunge, con gli arabi esperti nell’escludere il processo della lievitazione nella lavorazione del pane ma il segreto della sua bontà occorre chiederlo forse all’antica arte pasticcera Pugliese.

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