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venerdì 17 febbraio 2017

Il Miele

Foto di M. C
Il miele e la sua parte alcolica, l'idromele, si offrivano un tempo alle famiglie, in particolare agli sposi novelli in segno di fertilità e di buon auspicio.

Per un costume rinvigorito tra le popolazioni europee e dell’Asia minore dal medioevo, spettava alla sposa accumulare il miele per il suo amato, associandolo quasi sempre al ciclo lunare dell’Esbat, il mese di giugno, periodo di cambiamenti, della conoscenza e del giudizio.

Gli antichi popoli celebravano i rituali impastando il miele insieme alle spezie nel mosto d’uva e perfino gli imperatori romani si rifornivano del prezioso cibo dai popoli del sud Italia e di Malta che lo producevano in gran quantità in rudimentali alveari di pietra. I romani, ai tempi di Giulio Cesare, riportarono molte ricette di biscotti sacri agli dei dall’antico basso Egitto.

Un’origine che filtra la sua storia con gli ittiti che lo chiamavano melit e con i sumeri che lo dinamizzavano con creme d’argilla e olio di cedro per usi non alimentari. Nell'antica Babilonia già si preparavano focacce a base di miele, datteri e sesamo, mentre i greci lo consideravano il cibo degli dei per eccellenza, nettare di Zeus.

L’abilità dei Messapi, antichi abitanti del sud dell’Italia, di allevare le api, quasi sicuramente, l'avevano ereditata dai cretesi che associavano la figura dell’ape a ninfe e profeti così come si narra tra le leggende.

Furono i cavalieri crociati che riportarono dopo l’anno mille, dalle terre arabe le ricette del torrone e di molti dolci tipici del nord dell’Europa come probabilmente anche quelle degli struffoli, susumanielli e purcidduzzi del Salento così come piacciono sulle nostre tavole natalizie.