lunedì 18 luglio 2016

La Lana della Moscia Leccese

pecora moscia leccese
Non ero abituato a incontrare delle pecore senza vello. Le ho trovate tra i pascoli che lambiscono le masserie che solitamente visito. I miei amici pastori mi dicono che il rito della tosatura si fa almeno tre volte l’anno durante i periodi più caldi; tra marzo e settembre, la più importante che nasce da esigenze economiche e sanitarie è quella del mese di giugno. I bioccoli della frugale Moscia leccese, una razza in via di recupero, si arrotolano e si classificano a secondo del calibro delle sue fibre, della loro lunghezza e della purezza e dalle increspature.

Il diametro delle fibre si misura in micron, se non supera la misura di venti il prodotto è di ottima qualità mentre è invece troppo scadente quando valica gli ottanta. La lana è buona se la sua lunghezza si attesta intorno ai quindici cm ma oltre questo limite non è tanto gradita. La percentuale di presenza di peli caprini ne attesta la sua purezza, mentre la densità viene espressa in numero di fili per centimetro quadro. Tutto questo dipende molto dalla regione del corpo da cui proviene la tosatura.

Quando la pecorella contribuisce ad elargire la sua pregiata lana il vispo pastore ne è felice perché sa che tosando con razionale destrezza ne potrebbe ricavarne mediamente dai 2-5 kg all’anno, fino a 15 kg/annui, ma questo è relativo alla razza e alla sanità del suo gregge. Proviamo a calcolare la produzione per 100 capi, si ottengono dai 2 ai 5 quintali annui di lana e moltiplicare per i prezzi in auge nel territorio nazionale per comprendere importanza e la richiesta di tale prodotto oggi utilizzato anche nel settore edile.

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